Questo, scopriamo, all'alba, appena arrivati all'USDA, dopo aver attraversato un Palmeto immobile come la neve sui tetti ghiacciati in Cornovaglia sul finir di Settembre.
La ragazza della reception ci guarda con comprensione e ci dice che per portare il cane in Italia, ahimè, serve compilare, oltre ai 200 moduli che abbiamo con noi, anche un altro modulo, di cui il veterinario ignorava l'esistenza.
Tale modulo, dice, deve essere compilato dal veterinario e successivamente rividimato dall'USDA.
Ma come! Dico io, in italiano.
La ragazza della reception mi guarda come se parlassi un'altra lingua.
Dice che farà un'altra eccezione, se riusciamo a portarglielo entro sera.
All'impazzata torniamo indietro, torniamo da The Doctor, e gli diciamo che guarda ci sarebbe un altro modulo di cui non sapevi l'esistenza. Lui esce completamente di testa, nessuno lo aveva mai contraddetto o corretto sul lavoro.
Vuol sapere il nome della ragazza della reception per telefonarle e cantargliene due, che non si deve permettere di criticare il suo status symbol di veterinario, che non gliela farà passare liscia, la farà licenziare, le farà rompere il suo fidanzamento e cosa ancor più temibile, invaderà l'Iraq e la Siria e andrà poi personalmente in quei paesi già provati dalla guerra a curare tutti i cani. La gente negli USA è così, leggera e mai pronta al litigio. Per quello han tutti una pistola in casa, tanto sanno che sono socievoli e non la useranno mai.
Io guardo The Doctor con l'aria che ha Bonucci quando tira una gomitata a qualcuno e guarda l'arbitro come a dire "Beh, non espelli questo qui che ha mi ha scalfito il gomito?".
Alla fine The Doctor calza lentissimamente gli occhiali ed esamina il modulo.
Con il mio aiuto e dopo 114 minuti di orologio (e stavolta, giuro, non sto scherzando) finisce di compilarlo dicendo che questa è l'ultima volta che permette a un cane di tornare in Italia.
E non ho capito se si riferisce a me o all'ottimo "Caccadura" AKi.
Non è il tempo di fare domande, ma di risellare la nostra Honda CR V e ritornare di corsa all'USDA.
Sono le 14.30, ora locale, e la sala d'attesa è popolata di 7-8 persone, che stanno tutte tornando per delle integrazioni documentali. Giuro, è così.
Portare un cane in aereo è una delle cose più complesse che la burocrazia umana abbia immaginato.
Le persone in sala d'aspetto hanno tutte l'aria di condannati a morte, sanno che quando verranno chiamati verrà trovata una falla nel modulo e dovranno ritornare dal veterinario, poi ritornare all'USDA, poi ritornare al Centro Sociale canino, poi all'ambasciata canina, poi di nuovo all'USDA e poi così, nei secoli dei secoli.
Consegno il modulo senza speranza e attendo di essere chiamato.
Passano circa 45-50 minuti ed eccolo, il mio nome. Guiseppi Borciolini, alla maniera americana.
Mi lasciano il modulo sul tavolo, senza guardarmi in faccia.
Posso prendere? Chiedo io, in uno stentato bolognese.
Mi guardano, senza rispondere.
E' ok allora? Chiedo io, che l'italiano lo padroneggio sino a tal punto.
Non rispondono e si voltano.
Questo nel linguaggio dell'USDA pare voler dire, peccato, non riusciamo più a romperti le balle, prenditi il tuo modulo e vai lontanissimo da qui. Ma vattene col dubbio che non ti abbiamo risposto e quando ti imbatterai nei severissimi controlli dell'aeroporto, allora ti pentirai di aver lasciato questo posto col cuor leggero.
La sera, la nostra ultima sera prima della partenza, per dimenticare cotanta burocrazia e per calmare le ansie di tutti i controlli a cui verrà sottoposto il cane (e noi di conseguenza) in aeroporto, ce ne andiamo a mangiare le speziatissime costolette senz'osso del bar sportivo di Miami chiamato Bokampers.
Il prossimo cibo che mangeremo, se il cane sopravviverà all'incredibile screening aeroportuale che ci attende, sarà italiano e devo dire che questo rende la partenza non così triste come si penserebbe.
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