mercoledì 30 marzo 2016

The Doctor

Si, sembro uno di quelle ottuagenarie che parla solo di cani e posta solo foto di cani.
Ma l'argomento va affrontato, e un cane buffo attira più like di un'aforisma su quanto è bella la vita se apprezziamo gli aforismi che ci insegnano ad imparare quanto è bella la vita.
Quindi!

Riassunto della precedente puntata: facciamo fare alcune delle vaccinazioni richieste presso il posto economico ma superaffollato di cani.
Dopo dobbiamo giocoforza recarci da un veterinario di quelli con la V maiuscola, che vuol dire 100 dollari solo per una stretta di mano.
Aki di giorno in giorno, al passare delle visite e delle vaccinazioni, diventa sempre più un cane di razza. Nel senso che se tornavamo in Italia e compravamo un cane di razza, di quelli che fanno tutto, anche caricare la lavastoviglie, spendevamo di meno.

Prima andiamo da una simpatica vecchina che a gratis ci dice che per portare un cane in Italia bisogna però andare lì 24-36 ore prima del volo e rifare tutte le vaccinazioni, che le compagnie aeree vogliono così. A un amico di una sorella della cugina del cognato del suo vicino di casa, il cane non gliel'hanno fatto neanche imbarcare.
Andiamo quindi da un altro veterinario.

Animal Care, nella zona Miramar. Me lo ricordo, perché Miramar è lontano dall'aeroporto da Miami. Che sembra un dettaglio da niente, ma tornerà utile.

C'e' una giovane infermiera carina, probabilmente indiana. E' molto timida ed educata, ha una voce dolce e appena udibile e un paio di baffetti appena visibili che incastonano il suo volto in maniera ambigua e maliziosa.
C'e' poi un'anziana ostetrica di cani, dall'età apparente di 120-121 anni, di quelle che hanno visto tutto, anche il cane di Noè (che tra l'altro ne aveva due, ci racconta come aneddoto).
Le sue maniere spaziano da quelle di una nazista amichevole a quelle di una complottista frettolosa, se sapete cosa intendo.
Le due infermiere disbrigano le principali formalità, ma vivono frementi nell'attesa che si presenti "The Doctor".
L'idiota, arriva, dopo averci fatto aspettare 40 minuti.
Assomiglia a Bill Cosby, per farvi capire il tipo, ma ha la faccia più gonfia e due occhiali da intellettuale.


Calza gli occhiali in maniera superba, tratta le due simpatiche infermiere come se fossero spazzatura indifferenziata, guarda il cane come se fosse plastica e guarda noi come se fossimo carta/cartone.
In un americano sbiascicato con accento incomprensibile, ci dice che dobbiamo mettere anche il chip, sono 90 dollari in più. Noi, accennando un gesto dell'ombrello, diciamo che lo abbiamo già fatto nel posto economico.
Va su tutte le furie.
Dice che così non si fa, le vaccinazioni vanno fatte tutte da lui, chissà che vaccino hanno usato, che marca era? che marca era? che marca era? visto non lo sapete! c'e' scritto lì imbezel!
Ci profetizza che ai controlli all'aeroporto verremo arrestati e deportati, i cani non si fan viaggiare così, la facciamo facile!
Ce l'abbiamo il passaporto canino? E' stato vidimato dall'USDA?
Ora, io sono abituato ai dottori che mi fanno sentire uno stronzo.
Un veterinario no, è una cosa nuova per me. Ma la sensazione è la stessa, si calma quando capisce che comunque gli ammolleremo più di 100 dollari e comincia a risondare il cane in maniera umiliante, che pare che tutti i pericoli di cui i cani sono portatori si nascondano nel loro culo.
Compila un formulario e ci dice "Dovete portarlo all'USDA e farlo verificare".
Il nostro volo, sapientemente prenotato da tempo perché sia nel giorno con meno traffico aereo possibile sperando nell'upgrade in business, è esattamente tra 56 ore.
Facciamo cenno di telefonare subito per andare all'USDA. Il Dottore, con una risata grassa e maledetta, ci fa capire che siamo degli ignoranti che non sappiamo neanche che l'USDA in quel pomeriggio non riceve più. Chiamiamo l'USDA. Ci dicono che tecnicamente non c'e' più tempo, ma se gli faxiamo (!) l'itinerario del nostro viaggio potrebbero fare un'eccezione, a patto che il giorno successivo ci presentiamo alle 8 del mattino mostrandoci pentiti e penitenti.

L'USDA è vicino all'aeroporto. Il che vuol dire, da casa nostra, almeno 50 minuti di macchina, se non c'e' traffico. "Se non c'e' traffico" è una battuta che a Miami fa sempre molto ridere.
Vuol dire prendere il Palmeto circa alle 7 del mattino, che è una battuta che a Miami significa "passare la mattina e la prima parte del pomeriggio sul Palmeto".

Piccolissimo dettaglio, mia moglie ha una bella influenza, mentre io ho quella sensazioncina in gola che hai quando capisci che ti stai per ammalare anche tu ma sarebbe meglio non ti ammalassi.
Piccola riunione di famiglia, in cui avanzo convinto l'ipotesi di svegliarci presto, andare sul Palmeto e lasciare il cane lì, tanto qualcuno che se ne prende cura lo trova, è già successo.
Ovviamente scherzo, dico bluffando, quando capisco che non c'e' univocità di vedute sulla questione in famiglia.
Andiamo a letto febbricitanti, in attesa di quella che sarà la "madre di tutte le giornate" e di cui parleremo ampiamente nel prossimo post.


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