Un Bolognese alla Florida
domenica 12 giugno 2016
Fenomenologia del supermercato - trilogia. L'uomo che sussurrava ai codici a barre.
E' quasi un mese che ce l'ho impresso nella memoria.
Lo devo buttare fuori, ma per farlo, non posso esimermi dallo scrivere uno sceneggiato sui supermercati. Un po' mi vergogno, sembro un po' quei comici di bassa leva che fanno umorismo sui supermercati, sulle pubblicità e sulla politica. Ma d'altronde, è quel che sono.
Dicevo, circa un mese fa. Mi aggiro per l'Esselunga, un po' stanco, un po' infastidito dalla tanta gente, troppa gente, ma quanta gente c'e' in giro? Evviva la gente, la trovi ovunque vai, diceva il poeta. Ma però anche se non la trovi ogni tanto, evviva. Aggiungo.
Nel groviglio di lamiere sbandanti e carne flaccide, scorgo un umarell.
Si, lo so, i comici di bassa lega parlano sempre degli umarell. Ma d'altronde, è quel che sono. Un umarell, non un comico di bassa lega. Braccia incrociate, fissa attentamente i prezzi della frutta secca, quelle cose tipo datteri, che nessuno secondo me compra mai i datteri, come li usi? Ad ogni modo è lì concentratissimo sui datteri, fissa il prezzo, memorizza.
Io lo noto, perché un comico di bassa lega si guadagna da vivere scrivendo degli umani difetti e li cannibalizza a volte distorcendoli allo scopo di ottenere una grassa e facile risata, a volte da sconosciuti che neanche la meritano.
Io lo noto, soprattutto perché devo comprare una cosa di fianco ai datteri. E' "il coriandolo".
No, non mi riferisco certo al carnevale, ahahaha! (che bassa lega, che sono)
E' un'erba aromatica, poco usata in Italia, se non a Febbraio a Venezia (buona questa).
Non c'e' mai nei supermercati, non si sa perché questo Paese vada avanti solo a prezzemolo e basilico. Mah.
E niente, io piuttosto di chiedere "permesso?" preferisco andare all'altra Esselunga.
Perché noi uomini siamo così? Perché non chiediamo mai le indicazioni per le strade? Perché non chiediamo mai niente? Perché facciamo così fatica?
Non posso rispondere a queste domande, perché non posso chiederle a me stesso, altrimenti non sarei un uomo.
E allora niente, vado a fare un tuffo nella vasca degli affettati e dei formaggi in offerta, dopo torno coriandolo zone. Ovviamente il coriandolo è finito, ma questa è un'altra storia.
Vado a visionare il pesce, lo sa, signora, che con 2 euro e 20 di filetti di gallinella riesco a fare un buon primo di pesce? Ah, lo so, sa? Io con i totani al 30% ho fatto un bellissimo maglione ai miei nipotini, ri-sa!
Mentre mi preparo mentalmente a questa conversazione, ecco di nuovo l'umarell.
Mani dietro la schiena, sta memorizzando il prezzo di tutto il pesce.
Non ha ancora comprato niente.
Non ha una busta.
Non ha un carrello.
Non ha una moglie.
Comincio ad avere un po' di paura, proseguo nella mia spesa frettolosa, che quando si fa la spesa si ha sempre fretta, signora, sa! Sia mai che mi ricordo di comprar tutto in una volta!
Scorgo l'umarell memorizzare le carni rosse, lo scorso vivisezionare il costo dei preziosissimi sottaceti, delle tamerici salmastre ed arse, dei vestimenti leggieri, dei miei tremuli pensieri che piovigginando sale. E pepe. Anche quelli sta memorizzando.
(Sono un comico di bassa lega, ma non faccio ironia sugli errori involontari ma buffi del correttore automatico. Li correggo e basta)
Nel tumulto dei punti fragola mi dimentico di lui, finché non lo riscorgo nel reparto surgelati, dove sta memorizzando il prezzo delle olive ascolane. Poi si sposta verso i gelati, e ogni amarena viene alfabetizzata, ogni pan di spugna (non refuso da correttore, ma giuoco di parole) viene gettato, ogni crocchetta viene mandata a mente. Si aggiusta gli occhiali. Paziente. Inflessibile. Rigido.
Vado vicino, sto per fargli la domanda che renderebbe questo post memorabile.
Per un attimo, da comico di bassa lega, penso di inventarmene una solo per una conclusione che faccia ridere i miei lettori, ma rinuncio a questa mania di protagonismo.
Non gli faccio la domanda. Anzitutto perché sono un uomo, e non chiedo. Per giustificarmi, mi convinco che un mistero così debba rimanere irrisolto, il cuore di ogni persona saprà dove collocare l'uomo che sussurrava ai codici a barre e come catalogarlo.
A me piace pensare che viva nel reparto surgelati, tra i tranci di carne importati e i gamberi che compiono il lungo viaggio della speranza dal pacifico all'Esselunga di Bologna.
Ogni tanto l'umarell si scongela, per verificare che nessuno abbia ancora comprato i datteri.
A quel punto sazia la sua curiosità di verificare che il paniere Istat sia indicizzato correttamente al costo delle derrate. E poi torna a congelarsi, ridendo di gusto davanti ai gamberi con la scritta "Prodotto decongelato! NON RICONGELARE!" e abbandonandosi a un piacevole sonno fatto di sogni datterini.
Un amabile sorriso mi si stampa sulla bocca al pensiero, subito ucciso dal conto che pago alla cassa, ma come non dovevo comprare solo sedano e carote? Ed esco, arrabbiato, a riveder i pan di stelle.
lunedì 2 maggio 2016
Leicester campione d'Inghilterra - racconto Zen
Altri sono di estrema attualità, eppure ci appaiono antichissimi.
Fine del racconto Zen.
Ora parliamo del Leicester.
Parola che non dice niente a quasi nessuno... ma che da stasera e da domani sarà su tutti i telegiornali per un servizio di 2 minuti e mezzo su "la bella favola" e su "quanto è bello il calcio".
Semmai per errore passasse il messaggio che il calcio è bello vissuto allo stadio, immancabili la prossima domenica arriveranno gli incidenti allo stadio causati dai servizi segreti, ma questa è un'altra storia, chi deve sapere sa, chi non sa, sappia che non sa.
Ad ogni modo per chi ignora cosa sia successo, è un po' come se l'Atalanta avesse vinto lo scudetto in Italia. Spero che l'equivalenza sia giusta, probabilmente c'e' qualche squadra più appropriata, ma non mi viene in mente.
Una squadra che non ha mai vinto uno scudetto , che fino a due fa militava nella seconda serie, inizia il campionato con lo stesso obiettivo dell'anno scorso, salvarsi.
Per fare capire il valore dell'impresa, alcuni bookmakers pagano lo scudetto del Leicester 5000 a 1.
Perchè il contesto è terribile, il campionato inglese è combattutissimo e le squadre di vertice che possono vincere sono tante: Chelsea, Manchester City, Manchester United... in genere se la smazzano loro. Ma poi c'e' l'Arsenal, poi c'e' il Tottenham... e c'e' il Liverpool...
Insomma, per vincere uno scudo in Inghilterra devi arrivare davanti a tutta sta gente qui... chi mastica un po' di calcio sa cosa intendo.
Il Leicseter è allenato da Massimo Ranieri, bravo cantautore napoletano che ricordiamo per hit come "La vestaglia", che anche lui, ho verificato svogliatamentevsu google, non ha mai vinto un titolo.
Ranieri assomiglia a Geppetto.
Guardandolo dalla televisione sembra una bravissima persona, nelle parole è sempre misurato, sembra un galantuomo d'altri tempi, Mourinho ricordo che lo perculava sempre a più non posso perchè non aveva mai vinto niente... e allora cominci anche a pensare "Le brave persone non vincono mai niente, ma restano pur sempre delle brave persone".
Geppetto quest'anno ha vinto il suo primo titolo, e ha reagito con estrema gioia urlando in mondovisione "Pinocchio!".
No, che burlone che sono. Ho letto che non ha guardato la partita di stasera perchè è volato in Italia a mangiare con la sua mamma 96enne...chissà cosa si sono detti, e soprattutto chissà cosa si sono mangiati,ma soprattutto chissà quanto hanno speso.
Ma saranno poi fatti loro... resta il fatto che era sul volo di ritorno e non ha assistito all'incredibile partita di stasera tra Tottenham e Chelsea, derby di Londra numero 1500.
Finita 2-2, con un goal incredible, con lo stadio che ha tremato e lo abbiam sentito fin qui...
Facendola breve.. se il Tottenham vinceva teneva aperta la lotta scudetto, se non vinceva era leggenda.
Tutto il mondo tifava Chelsea, a parte i tifosi del Tottenham che diventano purtroppo per loro una delle tifoserie più beffate di sempre. Perchè questo scudetto avrebbero potuto vincerlo, e forse lo avrebbero meritato per il gioco quasi sempre espresso, e la loro faccia alla fine era terribile.
Nell'ultima azione 3 giocatori del Tottenham sono entrati in maniera assassina su qualunque cosa si muovesse, e chi è empatico ha solo potuto intuire cosa stavano passando...
Perchè dove c'e' una grande gioia calcistica spesso c'e' anche un grande dolore.
Ad ogni modo, il Leicester ha fatto sognare tutti dall'inizio... soprattutto me!
Io nella mia spensierata gioventù legata ai videogiochi giocavo sempre a Football Manager per Commodore 64 allenando squadre orribili cercando di farle arrivare al titolo.
Prendevo sempre l'Halifax che perdeva sempre la prima partita 0-2... credo fosse un bug del videogioco, ma ogni volta ci riprovavo e ogni volta ribeccavo 0-2.
Insomma, non voglio poi farla lunga che è tardi... tanto domani ci ricameranno tutti...
Voglio solo ringraziare il Leicester e Geppetto Ranieri perchè ci hanno fatto veramente sognare, hanno dato un senso alla nostra esistenza di tifosi speranzoni e perculati, da sempre beffati ma che continuano a sognare...
Non ci sarà credo un boom di tifosi del Leicester, nel senso che temo che questa squadra non possa reggere a questi livelli, quindi il tifoso opportunista, per intenderci, quello che delle emozioni vere del calcio non sa nulla, per intenderci, lo juventino, non si affeziona a una squadra del genere.
Tanti adulti invece stasera andranno a letto contenti perchè gli hanno finalmente raccontato una favola dopo tanti anni di realtà.
Domattina si ricomincia presto a lottare per non retrocedere.
Ma lo sguardo, memori della favola, va sempre rivolto verso l'alto.
martedì 26 aprile 2016
La fine e il principio
Commosso mi avvicino a vergare con l'inchiostro di questa vecchia tastiera le ultime parole di questo blog.
Che se non mi avessero spoilerato il finale, sarebbe stato più bello e più emozionante, ma la vita è così, le emozioni altrui van fatte proprie, le belle notizie sono gossip, le brutte notizie sono nutrimento di vita.
E con questo attacco generico ma frontale, andiamo a chiudere a testa alta, come sempre.
Siamo in tre a prendere l'aereo, io, mia moglie e il piccolo tenero Caccadura Aki, per gli amici "Gordo". Quale sia lo stato d'animo di un cane prima di una trasvolata di quattordici ore non è facile da descrivere. Il nostro amico sembra felice all'aeroporto, pur essendo digiuno da 24 ore.
Annusa tutti, fa amicizia con una bambina "Mami mani, i want to touch him" "Watch out, he can explode".
Fa amicizia con il personale che lo deve imbarcare, e questo è un bene perché devo sottopor loro il "fascicolo burocratico AKI".
Tiro fuori il dossier di 1500 pagine e il tizio mi dice "Oh, no problem... they're gonna check it in Europe".
Ma come, dico io come un bambino grasso a cui negano un calcio di rigore evidente.
Il tizio controlla che non abbiamo messo droga nella cuccia, la apre svogliato, la richiude. Vorrei dirgli che se nascondo della droga magari la metto sotto, non proprio sopra sopra. Ma comunque!
Aki riluttante entra, ma è un gran bravo ragazzo e non fa particolari storie. Sa che verrà premiato per il resto della sua vita con tortellini, tagliatelle, arepite, crescentine, pizza fatta in casa, sfrappole, sfrippole e cioccolata per sopprimerlo quando sarà troppo grasso.
Il cane entra nella gabbia alle 16 di un soleggiato pomeriggio di Miami. Ne uscirà circa 15 ore dopo, in un altro continente (il terzo appunto) senza poter mai fare la pipì. Cosa che per me fa di lui un eroe a prescindere.
Ce la farà? Di certo non lo aiuta psicologicamente essere sbattuto in stiva in mezzo alle valige. Da sempre, le valige non sono di grande compagnia, con tutti quei colori e quei sapori!
Salutiamo Aki, e con il sudore della fronte attendo che la signorina ci faccia un'offerta per viaggiare in business. L'offerta fortunatamente arriva ed è assolutamente abbordabile (il giorno prima ci avevano chiesto 4000 euro a testa per l'adeguamento!) - io ovviamente non lo faccio per me, ma lo faccio per il blog, per descrivere le emozioni di un viaggio in business.
E vado a descriverle.
Imbarco prioritario.
Un po' comincio a vergognarmi di passare innanzi a vecchini e invalidi, ma lo faccio comunque.
Veniamo accomodati nella nostra area, che è deserta, nel senso che è un volo con pochi passeggeri, come da studio fatto in maniera accurata prima, e siamo praticamente solo in 4 in questo salottino di business. Dico proprio salottino, il sedile è super-reclinabile, ci si può sdraiare.
Il problema psicologico è che entrano tutti i passeggeri di seconda classe e passando ti guardano come se fossero condannati a morte e tu avessi il potere di salvarli con un solo gesto del tuo pollice. Comincio e continuo a guardarmi le scarpe, che mai come in questo momento ho trovato così tanto interessanti.
Una volta che si sono accomodati tutti ci viene fornito un elegante kit di spazzolino, dentifricio, deodorante, mascherina per occhi e il menù. Ora, nei miei voli intercontinentali ho sempre mangiato in seconda classe l'ottimo menù vegetariano, quello col riso giallo di plastica, le verdure di plastica e la frutta di gomma. In genere lo preferisco alle lasagne di segatura e alla cotoletta di pollo fritta nella sugna e infilata tra il pane congelato.
Il menù della business comprende invece:
Tutto insieme, in un secchio, con un uovo sopra (cit.).
No scherzo, ma si può davvero avere tutto e più volte. E il menù è quello vero!
E qui, sarà che vengo da diversi mesi negli USA, vengo travolto dalla qualità del cibo!
E' buonissimo, ma soprattutto le olive. Non ho mangiato delle olive così sfiziose in vita mia.
Se qualcuno riesce a dirmi dove la Iberia compra le olive per la business class, ci faccio un investimento.
Chiedo anche che mi si faccia una foto di questo momento, in modo che resti a testimonianza duratura il mio stato di privilegio e imbarazzo allo stesso tempo.
Il tutto ovviamente annaffiato da un buon vino bianco del 1816, di quelli che forano i bicchieri, le cui uve furono inizialmente concepite e coltivate da Alessandro Manzoni, che poi però preferì aprire un blog anche lui.
Il volo è meraviglioso - riusciamo a dormire e a riposarci, a guardare un film buffo dove c'e' un tizio che una sera decide di uscire a cena e si spaccia per un altro per avere il suo tavolo prenotato, e sulla base di questo viene perseguitato tipo dalla malavita. Questo per dire che non ricordo il nome del film.
Arriviamo freschi e riposati all'aeroporto di Madrid.
Se ci siete stati, sapete bene che ci vogliono circa 45 minuti a piedi dagli arrivi intercontinentali alle partenze europee... ce li facciamo intorno a quelle che per noi sono circa le 2 del mattino.
Al controllo passaporti, avendo io anche ecceduto un po' la mia persistenza in USA, sono teso e stringo al cuore il dossier AKI, in modo che se ci sono problemi, posso dire che è colpa del cane che mi ha mangiato il visto.
Il tizio al controllo doganale sta facendo un'interessantissima conversazione con il suo collega, credo tema calcio e lo disturbiamo un po' perché ci fermiamo spontaneamente per farci controllare i passaporti "We are married" gli dico. Lui mi guarda come se avessero fischiato punizione alla sua squadra del cuore, stanno mettendo la barriera e lui vuole guardare, quindi ci fa passare.
Normale che i controlli non siano troppo approfonditi, episodi terroristici in Europa se ne verificano abbastanza pochi, che io sappia. E poi sappiamo tutti ormai che il vero problema è il cane, è lui quello pericoloso.
Passiamo, cerchiamo di intrufolarci nel salottino VIP Iberia ma il tizio ci guarda come se fossimo due spacciatori di droga in overdose e ci dice "Oh, your ticket has been upgraded, now you have to travel in second class, so you are not allowed". Il contrappasso più veloce di sempre.
Dopo avergli augurato diverse visite all'USDA, andiamo a sederci nella normale sala di aspetto.
Arriva il turno del nostro aereo, mentre ci imbarchiamo scorgiamo all'orizzonte la cuccia blu con AKI che, incredibile a dirsi, ha sempre la solita espressione come se qualcuno gli stesse facendo una foto (vedi sopra). Mia moglie esce dalla fila e comincia a corrergli incontro.
Due cecchini, posizionati all'ingresso del volo per Bucarest, cominciano a tenerla sotto tiro col puntino rosso. Io mi getto su di lei, salvandole la vita e facendola rotolare verso l'ingresso del nostro aereo. I due cecchini fanno partire contemporaneamente un proiettile che rimbalza sull'asfalto, e sfreccia in direzione del cane. Il cane viene messo nella stiva un millesimo di secondo prima che il proiettile si conficchi nella gabbia, aprendo uno squarcio che viene salutato da Aki con uno sbadiglio*.
(*=potrebbe non essere accaduto)
Il volo Madrid - Bologna è strettissimo, ma per noi sono le 4 del mattino quindi addormentarsi di nuovo è un attimo.
Si tocca il suolo, alle 12 di una tiepida giornata bolognese.
Rieccomi O torri, sorgenti dal centro ed elevate al cielo. Cime ineguali, note solo a chi è cresciuto tra voi. Mia colpa, mia colpa, mia maxima colpa. Impresse nella sua mente, non meno che l'aspetto de' miei familiari - torrente Reno dalla finestrella, come il suono delle voci da Altero. Ville di milordini sparse e biancheggianti come branchi di comunisti che non si sa perché hanno tutti i privilegi. Rieccomi!
Quanto è lieto il passo di chi, cresciuto tra voi, a voi ritorna, ma nel frattempo almeno lo stadio lo avete coperto? Chi vuol esser lieto sia , del doman tristezza e noia recherai l'ore, ora pronobis e fino alla fine forza Bologna.
Dopo questo momento lirico, ricomincia l'ansia.
Ritiro fuori il dossier Aki, ed entriamo.
Aki è incredibilmente vicino al rullo delle valige. Da solo. In posa come se qualcuno dovesse fargli una foto. Chiunque potrebbe prenderlo, ma la sua puzza fa sì che anche i più amanti degli animali, girino i tacchi. Non a caso il suo nome, come già detto, è anche Mr Stinking.
Accorriamo con gioia. Il cane comincia a piagnucolare, vedendoci. E' un momento bellissimo, non fosse che io cerco nervosamente il feldmaresciallo a cui esibire i documenti. Non c'e'.
Lasciamo il cane sulla gabbia, la carichiamo sul carrellino e andiamo verso l'uscita.
A questo punto c'e' finalmente il controllo dogana.
Come Fantozzi che consegna di sua volontà la radiolina, vado verso il feldmaresciallo.
Lui mi guarda, come se lo stessi disturbando mentre sta parlando di calcio col suo collega, e ci fa "Se non avete niente da dichiarare, non c'e' bisogno di fermarsi".
Anche un cieco vedrebbe il cane, non tanto perché è gigantesco e sta scodinzolando ed esultando come Sussi quando segnò al Parma, ma soprattutto per il sopracitato odore.
Io, che sono esausto, tiro dritto e qui finiscono i controlli sul cane e su di noi.
Zero. Nulla.
Questo lungo racconto vi torni alla mente ogni qualvolta pensiate di essere al sicuro.
L'illusione della sicurezza, ricordate queste mie oscure parole.
L'illusione. Della sicurezza.
Prendiamo un taxi, in 10 minuti siamo a casa, mamma mia che strade orribili e piene di buchi ci sono a Bologna. Ci facciamo scaricare al giardino, apriamo la gabbia con un coltellino svizzero e Aki fa una pipì cronometrata 27 minuti e 45 secondi, che c'e' gente che ci andava a medaglia nei 10.000 metri quando non c'erano i kenioti.
Aki impazzisce di gioia per 3 minuti, dopo riassume la sua posizione da cane che attende pazientemente il fotografo.
Saluto i miei genitori visibilmente commossi. Saliamo in casa visibilmente stanchi.
Doccia, riposino e poi, grazie alla munificità dei miei genitori appunto, scaldiamo un po' di brodo e ci metto i tortellini.
Il sapore andrebbe descritto utilizzando lo stile di Proust, se mai io avessi letto Proust.
Siccome per me Proust resta e resterà sempre un pilota della Ferrari, lo descriverò con parole mie... non ti rendi conto di certi sapori se non li abbandoni per sempre e poi il per sempre diventa per poco.
Io non sono un amante dei tortellini, nel senso che mi piacciono ma non ci muoio dietro, ma quei tortellini, quel sapore, quel negletto piacere che ridesta i mai sopiti sensi, per sempre accompagnerà la mia memoria e per sempre lo associerò alla mia casa in contrapposizione al cheddar cheese strafritto nell'aglio, che associo a Miami, insieme all'eterna musica latino americana ovunque.
E qui, con la foto di me che faccio annusare ad Aki i suoi primi tortellini, finisce il blog "Un Bolognese alla Florida". Il blog rimarrà aperto, e continuerò a scrivere del più o del meno, ma "Un Bolognese alla Florida" finisce, come è normale che sia qui.
Da questo breve, ma spero intenso carodiario, verrà tratto un libro (il mio terzo! come passa il tempo!) e di questo libro verrà stampata una sola copia.
E questa unica copia verrà regalata a TE, così saprai quello che succedeva al babbo e alla mamma mentre ti aspettavano.
FINE
giovedì 14 aprile 2016
La madre di tutte le giornate
Questo, scopriamo, all'alba, appena arrivati all'USDA, dopo aver attraversato un Palmeto immobile come la neve sui tetti ghiacciati in Cornovaglia sul finir di Settembre.
La ragazza della reception ci guarda con comprensione e ci dice che per portare il cane in Italia, ahimè, serve compilare, oltre ai 200 moduli che abbiamo con noi, anche un altro modulo, di cui il veterinario ignorava l'esistenza.
Tale modulo, dice, deve essere compilato dal veterinario e successivamente rividimato dall'USDA.
Ma come! Dico io, in italiano.
La ragazza della reception mi guarda come se parlassi un'altra lingua.
Dice che farà un'altra eccezione, se riusciamo a portarglielo entro sera.
All'impazzata torniamo indietro, torniamo da The Doctor, e gli diciamo che guarda ci sarebbe un altro modulo di cui non sapevi l'esistenza. Lui esce completamente di testa, nessuno lo aveva mai contraddetto o corretto sul lavoro.
Vuol sapere il nome della ragazza della reception per telefonarle e cantargliene due, che non si deve permettere di criticare il suo status symbol di veterinario, che non gliela farà passare liscia, la farà licenziare, le farà rompere il suo fidanzamento e cosa ancor più temibile, invaderà l'Iraq e la Siria e andrà poi personalmente in quei paesi già provati dalla guerra a curare tutti i cani. La gente negli USA è così, leggera e mai pronta al litigio. Per quello han tutti una pistola in casa, tanto sanno che sono socievoli e non la useranno mai.
Io guardo The Doctor con l'aria che ha Bonucci quando tira una gomitata a qualcuno e guarda l'arbitro come a dire "Beh, non espelli questo qui che ha mi ha scalfito il gomito?".
Alla fine The Doctor calza lentissimamente gli occhiali ed esamina il modulo.
Con il mio aiuto e dopo 114 minuti di orologio (e stavolta, giuro, non sto scherzando) finisce di compilarlo dicendo che questa è l'ultima volta che permette a un cane di tornare in Italia.
E non ho capito se si riferisce a me o all'ottimo "Caccadura" AKi.
Non è il tempo di fare domande, ma di risellare la nostra Honda CR V e ritornare di corsa all'USDA.
Sono le 14.30, ora locale, e la sala d'attesa è popolata di 7-8 persone, che stanno tutte tornando per delle integrazioni documentali. Giuro, è così.
Portare un cane in aereo è una delle cose più complesse che la burocrazia umana abbia immaginato.
Le persone in sala d'aspetto hanno tutte l'aria di condannati a morte, sanno che quando verranno chiamati verrà trovata una falla nel modulo e dovranno ritornare dal veterinario, poi ritornare all'USDA, poi ritornare al Centro Sociale canino, poi all'ambasciata canina, poi di nuovo all'USDA e poi così, nei secoli dei secoli.
Consegno il modulo senza speranza e attendo di essere chiamato.
Passano circa 45-50 minuti ed eccolo, il mio nome. Guiseppi Borciolini, alla maniera americana.
Mi lasciano il modulo sul tavolo, senza guardarmi in faccia.
Posso prendere? Chiedo io, in uno stentato bolognese.
Mi guardano, senza rispondere.
E' ok allora? Chiedo io, che l'italiano lo padroneggio sino a tal punto.
Non rispondono e si voltano.
Questo nel linguaggio dell'USDA pare voler dire, peccato, non riusciamo più a romperti le balle, prenditi il tuo modulo e vai lontanissimo da qui. Ma vattene col dubbio che non ti abbiamo risposto e quando ti imbatterai nei severissimi controlli dell'aeroporto, allora ti pentirai di aver lasciato questo posto col cuor leggero.
La sera, la nostra ultima sera prima della partenza, per dimenticare cotanta burocrazia e per calmare le ansie di tutti i controlli a cui verrà sottoposto il cane (e noi di conseguenza) in aeroporto, ce ne andiamo a mangiare le speziatissime costolette senz'osso del bar sportivo di Miami chiamato Bokampers.
Il prossimo cibo che mangeremo, se il cane sopravviverà all'incredibile screening aeroportuale che ci attende, sarà italiano e devo dire che questo rende la partenza non così triste come si penserebbe.
mercoledì 30 marzo 2016
The Doctor
Si, sembro uno di quelle ottuagenarie che parla solo di cani e posta solo foto di cani.
Ma l'argomento va affrontato, e un cane buffo attira più like di un'aforisma su quanto è bella la vita se apprezziamo gli aforismi che ci insegnano ad imparare quanto è bella la vita.
Quindi!
Riassunto della precedente puntata: facciamo fare alcune delle vaccinazioni richieste presso il posto economico ma superaffollato di cani.
Dopo dobbiamo giocoforza recarci da un veterinario di quelli con la V maiuscola, che vuol dire 100 dollari solo per una stretta di mano.
Aki di giorno in giorno, al passare delle visite e delle vaccinazioni, diventa sempre più un cane di razza. Nel senso che se tornavamo in Italia e compravamo un cane di razza, di quelli che fanno tutto, anche caricare la lavastoviglie, spendevamo di meno.
Prima andiamo da una simpatica vecchina che a gratis ci dice che per portare un cane in Italia bisogna però andare lì 24-36 ore prima del volo e rifare tutte le vaccinazioni, che le compagnie aeree vogliono così. A un amico di una sorella della cugina del cognato del suo vicino di casa, il cane non gliel'hanno fatto neanche imbarcare.
Andiamo quindi da un altro veterinario.
Animal Care, nella zona Miramar. Me lo ricordo, perché Miramar è lontano dall'aeroporto da Miami. Che sembra un dettaglio da niente, ma tornerà utile.
C'e' una giovane infermiera carina, probabilmente indiana. E' molto timida ed educata, ha una voce dolce e appena udibile e un paio di baffetti appena visibili che incastonano il suo volto in maniera ambigua e maliziosa.
C'e' poi un'anziana ostetrica di cani, dall'età apparente di 120-121 anni, di quelle che hanno visto tutto, anche il cane di Noè (che tra l'altro ne aveva due, ci racconta come aneddoto).
Le sue maniere spaziano da quelle di una nazista amichevole a quelle di una complottista frettolosa, se sapete cosa intendo.
Le due infermiere disbrigano le principali formalità, ma vivono frementi nell'attesa che si presenti "The Doctor".
L'idiota, arriva, dopo averci fatto aspettare 40 minuti.
Assomiglia a Bill Cosby, per farvi capire il tipo, ma ha la faccia più gonfia e due occhiali da intellettuale.
Calza gli occhiali in maniera superba, tratta le due simpatiche infermiere come se fossero spazzatura indifferenziata, guarda il cane come se fosse plastica e guarda noi come se fossimo carta/cartone.
In un americano sbiascicato con accento incomprensibile, ci dice che dobbiamo mettere anche il chip, sono 90 dollari in più. Noi, accennando un gesto dell'ombrello, diciamo che lo abbiamo già fatto nel posto economico.
Va su tutte le furie.
Dice che così non si fa, le vaccinazioni vanno fatte tutte da lui, chissà che vaccino hanno usato, che marca era? che marca era? che marca era? visto non lo sapete! c'e' scritto lì imbezel!
Ci profetizza che ai controlli all'aeroporto verremo arrestati e deportati, i cani non si fan viaggiare così, la facciamo facile!
Ce l'abbiamo il passaporto canino? E' stato vidimato dall'USDA?
Ora, io sono abituato ai dottori che mi fanno sentire uno stronzo.
Un veterinario no, è una cosa nuova per me. Ma la sensazione è la stessa, si calma quando capisce che comunque gli ammolleremo più di 100 dollari e comincia a risondare il cane in maniera umiliante, che pare che tutti i pericoli di cui i cani sono portatori si nascondano nel loro culo.
Compila un formulario e ci dice "Dovete portarlo all'USDA e farlo verificare".
Il nostro volo, sapientemente prenotato da tempo perché sia nel giorno con meno traffico aereo possibile sperando nell'upgrade in business, è esattamente tra 56 ore.
Facciamo cenno di telefonare subito per andare all'USDA. Il Dottore, con una risata grassa e maledetta, ci fa capire che siamo degli ignoranti che non sappiamo neanche che l'USDA in quel pomeriggio non riceve più. Chiamiamo l'USDA. Ci dicono che tecnicamente non c'e' più tempo, ma se gli faxiamo (!) l'itinerario del nostro viaggio potrebbero fare un'eccezione, a patto che il giorno successivo ci presentiamo alle 8 del mattino mostrandoci pentiti e penitenti.
L'USDA è vicino all'aeroporto. Il che vuol dire, da casa nostra, almeno 50 minuti di macchina, se non c'e' traffico. "Se non c'e' traffico" è una battuta che a Miami fa sempre molto ridere.
Vuol dire prendere il Palmeto circa alle 7 del mattino, che è una battuta che a Miami significa "passare la mattina e la prima parte del pomeriggio sul Palmeto".
Piccolissimo dettaglio, mia moglie ha una bella influenza, mentre io ho quella sensazioncina in gola che hai quando capisci che ti stai per ammalare anche tu ma sarebbe meglio non ti ammalassi.
Piccola riunione di famiglia, in cui avanzo convinto l'ipotesi di svegliarci presto, andare sul Palmeto e lasciare il cane lì, tanto qualcuno che se ne prende cura lo trova, è già successo.
Ovviamente scherzo, dico bluffando, quando capisco che non c'e' univocità di vedute sulla questione in famiglia.
Andiamo a letto febbricitanti, in attesa di quella che sarà la "madre di tutte le giornate" e di cui parleremo ampiamente nel prossimo post.
Ma l'argomento va affrontato, e un cane buffo attira più like di un'aforisma su quanto è bella la vita se apprezziamo gli aforismi che ci insegnano ad imparare quanto è bella la vita.
Quindi!
Riassunto della precedente puntata: facciamo fare alcune delle vaccinazioni richieste presso il posto economico ma superaffollato di cani.
Dopo dobbiamo giocoforza recarci da un veterinario di quelli con la V maiuscola, che vuol dire 100 dollari solo per una stretta di mano.
Aki di giorno in giorno, al passare delle visite e delle vaccinazioni, diventa sempre più un cane di razza. Nel senso che se tornavamo in Italia e compravamo un cane di razza, di quelli che fanno tutto, anche caricare la lavastoviglie, spendevamo di meno.
Prima andiamo da una simpatica vecchina che a gratis ci dice che per portare un cane in Italia bisogna però andare lì 24-36 ore prima del volo e rifare tutte le vaccinazioni, che le compagnie aeree vogliono così. A un amico di una sorella della cugina del cognato del suo vicino di casa, il cane non gliel'hanno fatto neanche imbarcare.
Andiamo quindi da un altro veterinario.
Animal Care, nella zona Miramar. Me lo ricordo, perché Miramar è lontano dall'aeroporto da Miami. Che sembra un dettaglio da niente, ma tornerà utile.
C'e' una giovane infermiera carina, probabilmente indiana. E' molto timida ed educata, ha una voce dolce e appena udibile e un paio di baffetti appena visibili che incastonano il suo volto in maniera ambigua e maliziosa.
C'e' poi un'anziana ostetrica di cani, dall'età apparente di 120-121 anni, di quelle che hanno visto tutto, anche il cane di Noè (che tra l'altro ne aveva due, ci racconta come aneddoto).
Le sue maniere spaziano da quelle di una nazista amichevole a quelle di una complottista frettolosa, se sapete cosa intendo.
Le due infermiere disbrigano le principali formalità, ma vivono frementi nell'attesa che si presenti "The Doctor".
L'idiota, arriva, dopo averci fatto aspettare 40 minuti.
Assomiglia a Bill Cosby, per farvi capire il tipo, ma ha la faccia più gonfia e due occhiali da intellettuale.
Calza gli occhiali in maniera superba, tratta le due simpatiche infermiere come se fossero spazzatura indifferenziata, guarda il cane come se fosse plastica e guarda noi come se fossimo carta/cartone.
In un americano sbiascicato con accento incomprensibile, ci dice che dobbiamo mettere anche il chip, sono 90 dollari in più. Noi, accennando un gesto dell'ombrello, diciamo che lo abbiamo già fatto nel posto economico.
Va su tutte le furie.
Dice che così non si fa, le vaccinazioni vanno fatte tutte da lui, chissà che vaccino hanno usato, che marca era? che marca era? che marca era? visto non lo sapete! c'e' scritto lì imbezel!
Ci profetizza che ai controlli all'aeroporto verremo arrestati e deportati, i cani non si fan viaggiare così, la facciamo facile!
Ce l'abbiamo il passaporto canino? E' stato vidimato dall'USDA?
Ora, io sono abituato ai dottori che mi fanno sentire uno stronzo.
Un veterinario no, è una cosa nuova per me. Ma la sensazione è la stessa, si calma quando capisce che comunque gli ammolleremo più di 100 dollari e comincia a risondare il cane in maniera umiliante, che pare che tutti i pericoli di cui i cani sono portatori si nascondano nel loro culo.
Compila un formulario e ci dice "Dovete portarlo all'USDA e farlo verificare".
Il nostro volo, sapientemente prenotato da tempo perché sia nel giorno con meno traffico aereo possibile sperando nell'upgrade in business, è esattamente tra 56 ore.
Facciamo cenno di telefonare subito per andare all'USDA. Il Dottore, con una risata grassa e maledetta, ci fa capire che siamo degli ignoranti che non sappiamo neanche che l'USDA in quel pomeriggio non riceve più. Chiamiamo l'USDA. Ci dicono che tecnicamente non c'e' più tempo, ma se gli faxiamo (!) l'itinerario del nostro viaggio potrebbero fare un'eccezione, a patto che il giorno successivo ci presentiamo alle 8 del mattino mostrandoci pentiti e penitenti.
L'USDA è vicino all'aeroporto. Il che vuol dire, da casa nostra, almeno 50 minuti di macchina, se non c'e' traffico. "Se non c'e' traffico" è una battuta che a Miami fa sempre molto ridere.
Vuol dire prendere il Palmeto circa alle 7 del mattino, che è una battuta che a Miami significa "passare la mattina e la prima parte del pomeriggio sul Palmeto".
Piccolissimo dettaglio, mia moglie ha una bella influenza, mentre io ho quella sensazioncina in gola che hai quando capisci che ti stai per ammalare anche tu ma sarebbe meglio non ti ammalassi.
Piccola riunione di famiglia, in cui avanzo convinto l'ipotesi di svegliarci presto, andare sul Palmeto e lasciare il cane lì, tanto qualcuno che se ne prende cura lo trova, è già successo.
Ovviamente scherzo, dico bluffando, quando capisco che non c'e' univocità di vedute sulla questione in famiglia.
Andiamo a letto febbricitanti, in attesa di quella che sarà la "madre di tutte le giornate" e di cui parleremo ampiamente nel prossimo post.
giovedì 24 marzo 2016
Vuoi far trasvolare un cane? Niente di più facile.
Seriamente.
Qualcuno di voi ha mai avuto l'idea di portare un cane dagli Stati Uniti in Europa, più precisamente in Italia?
No, perché mai dovreste! Il cane si abbandona, si lascia lì, sono sicuro che se la cava, l'istinto, la natura, la capacità di adattamento, qualcuno gli darà da mangiare, è pieno di volatili da inseguire là fuori. Magari ne prende uno prima o poi.
Una volta per essere alternativi, si ascoltava musica metal, non si andava alle feste, si era persone serie e diligenti, obbedienti delle leggi e dei regolamenti.
Oggi, per essere veramente alternativo, devi affrontare i problemi.
Non devi risolverli nella maniera più facile, tipo abbandonare il cane sull'autostrada, anche se è una Disgrazia con la D minuscola. Devi provare a portare un cane da un continente all'altro.
Tra l'altro e' molto semplice.
Questo post vuole quindi anche essere un tutorial per chi ha questa esigenza.
Siamo andati alla Human Society di North Miami per il primo step.
Se siete a Miami, questo è il posto più economico dove vaccinare un cane e impiantargli un chip. Se non conoscete Miami, Miami è una città in cui ti chiedono 700 euro per una visita ginecologica. Quindi, ascoltatelo sto consiglio.
Arriviamo lì, ingenuamente, di sabato.
E' l'apocalisse.
Giuro. Io non ho mai avuto un cane o un gatto, ma quel giorno abbiamo portato sia il cane che il gatto. Tutti e due in due gabbie diverse. Ora il cane è papichulo, è già stato detto, va dentro la gabbia che sembra un marine, entusiasta, pronto ad abbaiare al mondo.
Il gatto, no. Il gatto è abitudinario. Non fa mai un cazzo di diverso. Entrare in una gabbia, ti tira giù il mondo miagolando e facendoti sentire una merda. In macchina è straziante: miagola da Ludlum Road a dopo l'aeroporto finto. Chi è di Miami, ci siamo capiti.
Guidiamo sotto una pioggia torrenziale. Che c'e' sempre a Miami, quando guido io.
Arriviamo lì ad un orario decente, tipo le 10.30.
E' l'inferno.
Ci sono 140 cani che abbaiano e attendono il loro turno per essere vaccinati in uno spazio di 15 metri quadrati.
E 30 gatti rinculati nelle gabbie, terrorizzati da questa esperienza che per loro deve essere come per noi stare in bocca a un tirannosauro per un weekend.
Abbiamo 30 numeri davanti a noi. Che vuol dire, chiedo alla sorridentissima e incredibile volontaria, circa 3 ore.
3 ore tra i cani impazziti.
Uno in particolare. Di quelli che attaccano briga anche contro la sabbia immobile.
Abbaia a 35 latrati al minuto, è piccolo, grigio, orrendo. La padrona è di quelle svampite, tipo "Sarà mica il mio cane quello che abbaia?"
La padrona è lì prima di noi e andrà via dopo di noi, il che mi fa pensare che abbia un cane insopportabile e lo porti lì tutti i giorni solo per rompere le balle a tutti gli onesti lavoratori italiani all'estero. Purtroppo non ho una foto di sto cane rompiballe.
E' il casino più totale.
Il più tranquillo, strano a dirlo, è il cane punk, che è spaventato più di me.
Ma ne usciamo vivi: Aki (che in questo periodo viene misteriosamente ribattezzato Caccadura) si becca la vaccinazione antirabbica, la cura antivermi e la cura antiparassitari che fanno esplodere il cuore. Questo è solo il primo dei 300 accorgimenti che vengono richiesti perché un cane viaggi in Italia, che Renzi ci tiene moltissimo a sta cosa, immagino. Degli altri parlerò nel prossimo post.
Due parole su Caccadura.
Durante la visita medica è encomiabile. Si fa infilare sonde in maniera umiliante, si becca un chip sottopelle tramite un punturone grande come un missile, si fa analizzare feci su feci standosene buono e speranzoso di ricevere il paninino che gli ho promesso. Quale e quanto grande sarà la sua delusione quando non gli darò neanche il paninino, perché la vita è fatta di sacrifici!
Alle 13.30 usciamo con cane e gatto vaccinati e io sono distrutto, è stata sicuramente una delle giornate più impegnative della mia vita, e immaginatevi quindi la mia vita.
Ma vengo subito ricompensato, perché sulla strada del ritorno c'e' la fabbrica delle ciambelle!
Dove divento per un giorno impiegato modello, ma impiegati di quelli che si mangiano tutte le ciambelle.
Qualcuno di voi ha mai avuto l'idea di portare un cane dagli Stati Uniti in Europa, più precisamente in Italia?
No, perché mai dovreste! Il cane si abbandona, si lascia lì, sono sicuro che se la cava, l'istinto, la natura, la capacità di adattamento, qualcuno gli darà da mangiare, è pieno di volatili da inseguire là fuori. Magari ne prende uno prima o poi.
Una volta per essere alternativi, si ascoltava musica metal, non si andava alle feste, si era persone serie e diligenti, obbedienti delle leggi e dei regolamenti.
Oggi, per essere veramente alternativo, devi affrontare i problemi.
Non devi risolverli nella maniera più facile, tipo abbandonare il cane sull'autostrada, anche se è una Disgrazia con la D minuscola. Devi provare a portare un cane da un continente all'altro.
Tra l'altro e' molto semplice.
Questo post vuole quindi anche essere un tutorial per chi ha questa esigenza.
Siamo andati alla Human Society di North Miami per il primo step.
Se siete a Miami, questo è il posto più economico dove vaccinare un cane e impiantargli un chip. Se non conoscete Miami, Miami è una città in cui ti chiedono 700 euro per una visita ginecologica. Quindi, ascoltatelo sto consiglio.
Arriviamo lì, ingenuamente, di sabato.
E' l'apocalisse.
Giuro. Io non ho mai avuto un cane o un gatto, ma quel giorno abbiamo portato sia il cane che il gatto. Tutti e due in due gabbie diverse. Ora il cane è papichulo, è già stato detto, va dentro la gabbia che sembra un marine, entusiasta, pronto ad abbaiare al mondo.
Il gatto, no. Il gatto è abitudinario. Non fa mai un cazzo di diverso. Entrare in una gabbia, ti tira giù il mondo miagolando e facendoti sentire una merda. In macchina è straziante: miagola da Ludlum Road a dopo l'aeroporto finto. Chi è di Miami, ci siamo capiti.
Guidiamo sotto una pioggia torrenziale. Che c'e' sempre a Miami, quando guido io.
Arriviamo lì ad un orario decente, tipo le 10.30.
E' l'inferno.
Ci sono 140 cani che abbaiano e attendono il loro turno per essere vaccinati in uno spazio di 15 metri quadrati.
E 30 gatti rinculati nelle gabbie, terrorizzati da questa esperienza che per loro deve essere come per noi stare in bocca a un tirannosauro per un weekend.
Abbiamo 30 numeri davanti a noi. Che vuol dire, chiedo alla sorridentissima e incredibile volontaria, circa 3 ore.
3 ore tra i cani impazziti.
Uno in particolare. Di quelli che attaccano briga anche contro la sabbia immobile.
Abbaia a 35 latrati al minuto, è piccolo, grigio, orrendo. La padrona è di quelle svampite, tipo "Sarà mica il mio cane quello che abbaia?"
La padrona è lì prima di noi e andrà via dopo di noi, il che mi fa pensare che abbia un cane insopportabile e lo porti lì tutti i giorni solo per rompere le balle a tutti gli onesti lavoratori italiani all'estero. Purtroppo non ho una foto di sto cane rompiballe.
E' il casino più totale.
Il più tranquillo, strano a dirlo, è il cane punk, che è spaventato più di me.
Ma ne usciamo vivi: Aki (che in questo periodo viene misteriosamente ribattezzato Caccadura) si becca la vaccinazione antirabbica, la cura antivermi e la cura antiparassitari che fanno esplodere il cuore. Questo è solo il primo dei 300 accorgimenti che vengono richiesti perché un cane viaggi in Italia, che Renzi ci tiene moltissimo a sta cosa, immagino. Degli altri parlerò nel prossimo post.
Due parole su Caccadura.
Durante la visita medica è encomiabile. Si fa infilare sonde in maniera umiliante, si becca un chip sottopelle tramite un punturone grande come un missile, si fa analizzare feci su feci standosene buono e speranzoso di ricevere il paninino che gli ho promesso. Quale e quanto grande sarà la sua delusione quando non gli darò neanche il paninino, perché la vita è fatta di sacrifici!
Alle 13.30 usciamo con cane e gatto vaccinati e io sono distrutto, è stata sicuramente una delle giornate più impegnative della mia vita, e immaginatevi quindi la mia vita.
Ma vengo subito ricompensato, perché sulla strada del ritorno c'e' la fabbrica delle ciambelle!
Dove divento per un giorno impiegato modello, ma impiegati di quelli che si mangiano tutte le ciambelle.
lunedì 21 marzo 2016
Mr Thinking va all'America
Con una valigia piena di speranze e croccantini, Aki viene imbarcato su un'aereo battente bandiera ecuadoriana destinazione Miami, insieme a un gatto e dentro una gigantesca gabbia blu che lo custodisce e spaura al tempo stesso. E' il suo primo viaggio intercontinentale, e lo affronta con il piglio sfrontato di un cane di circa 5 anni.
Il lungo viaggio della speranza lo porta però nella meta più ambita dai giovani, Miami. Scappa dalla gabbia appena arrivato, prende un Uber e si fa subito portare a South Beach, dove ordina croccantini al mojito, salmone e riso, per poi lasciarli lì quando intravede in lontananza un pezzo di pane ben poco vestito.
Ed e' proprio in questo suo soggiorno a Miami che conosco mia moglie. Le nostre chat, a volte via skype, sono caratterizzate dalla presenza di questo cane bianco, molto riservato, silenzioso, che guarda la telecamera come se stesse posando per una fotografia, senza muoversi.
Aki viene portato alla spiaggia dei cani a Miami, e mi viene invitata una foto, che purtroppo non trovo più. Ci sono 1000 cani che corrono e saltano come matti, mentre Aki li guarda dall'alto di una duna di sabbia, meditando.
Aki viene portato al parco dei divertimenti dei cani, ed eccolo guardare l'obiettivo senza muoversi.
Motivo per cui, dall'Italia, gli viene dato il nome Mr. Thinking, che sembra calzargli ben più di Aki al momento.
La duttilità del suo nome fa sì che la prima volta che ho il privilegio di stringergli la zampa, il suo nome venga immediatamente cambiato da Mr. Thinking in Mr. Stinking, che è ancora uno dei suoi nomi più attuali.
Mr Thinking si trova bene a Miami, ma evidenzia subito un discreto difetto, per un cane.
Sembra non avere particolare fiuto. O meglio, il suo fiuto viene facilmente sviato da qualunque cosa, nonostante il grande naso da clown che tanto piace a grandi e piccini.
Come già detto impazzisce completamente quando vede volatili, di qualunque tipo... sta scritto nel suo DNA immagino e non c'e' modo di educarlo, almeno da parte mia che non so nulla di cani.
Ma badate bene che ho scritto vede e non "sente la presenza".
Riesce a vederli da lontanissimo e comincia a impazzire tirando il guinzaglio come un mulo da soma e sbuffando come una locomotiva a vapore dell'età d'oro della Ruhr.
Ma se i volatili sono alle sue spalle, ecco che vive placido la sua vita ignaro di tutto, posando placido.
Se si è fortunati è possibile fare foto incredibili come quella che posto qui, che ogni volta che la rivedo scoppio a ridere e se ci fosse un premio per le foto buffe, dovrebbe vincere il premio speciale della critica per il notevole conseguimento della buffità.
Il lungo viaggio della speranza lo porta però nella meta più ambita dai giovani, Miami. Scappa dalla gabbia appena arrivato, prende un Uber e si fa subito portare a South Beach, dove ordina croccantini al mojito, salmone e riso, per poi lasciarli lì quando intravede in lontananza un pezzo di pane ben poco vestito.
Ed e' proprio in questo suo soggiorno a Miami che conosco mia moglie. Le nostre chat, a volte via skype, sono caratterizzate dalla presenza di questo cane bianco, molto riservato, silenzioso, che guarda la telecamera come se stesse posando per una fotografia, senza muoversi.
Aki viene portato alla spiaggia dei cani a Miami, e mi viene invitata una foto, che purtroppo non trovo più. Ci sono 1000 cani che corrono e saltano come matti, mentre Aki li guarda dall'alto di una duna di sabbia, meditando.
Aki viene portato al parco dei divertimenti dei cani, ed eccolo guardare l'obiettivo senza muoversi.
Motivo per cui, dall'Italia, gli viene dato il nome Mr. Thinking, che sembra calzargli ben più di Aki al momento.
La duttilità del suo nome fa sì che la prima volta che ho il privilegio di stringergli la zampa, il suo nome venga immediatamente cambiato da Mr. Thinking in Mr. Stinking, che è ancora uno dei suoi nomi più attuali.
Mr Thinking si trova bene a Miami, ma evidenzia subito un discreto difetto, per un cane.
Sembra non avere particolare fiuto. O meglio, il suo fiuto viene facilmente sviato da qualunque cosa, nonostante il grande naso da clown che tanto piace a grandi e piccini.
Come già detto impazzisce completamente quando vede volatili, di qualunque tipo... sta scritto nel suo DNA immagino e non c'e' modo di educarlo, almeno da parte mia che non so nulla di cani.
Ma badate bene che ho scritto vede e non "sente la presenza".
Riesce a vederli da lontanissimo e comincia a impazzire tirando il guinzaglio come un mulo da soma e sbuffando come una locomotiva a vapore dell'età d'oro della Ruhr.
Ma se i volatili sono alle sue spalle, ecco che vive placido la sua vita ignaro di tutto, posando placido.
Se si è fortunati è possibile fare foto incredibili come quella che posto qui, che ogni volta che la rivedo scoppio a ridere e se ci fosse un premio per le foto buffe, dovrebbe vincere il premio speciale della critica per il notevole conseguimento della buffità.
Mr Stinking viene purtroppo lasciato negli Stati Uniti ogniqualvolta mia moglie viene in Europa, in affidamento ai genitori. Ad ogni ritorno negli Stati Uniti (soprattutto per periodi superiori a 6 mesi) assistiamo a scene di ricongiungimento strazianti. Mr Stinking mi ricorda Mario Merola che latra le battute di Serenata calibro 38, tanto è straziante e intenso nella commozione di rivedere ella.
Visto che io accompagno ella, Mr. degna di qualche entusiasmo anche me, nel senso che ogni tanto mi rimbalza contro per errore quando sbaglia il salto per abbracciare ella.
Come accennato nel blog, il cane ci viene restituito in via definitiva il 24 di Dicembre, senza particolare preavviso, per usare un eufemismo.
E nel nostro peregrinare in giro in cerca di alloggio Mr Thinking cambia nome prima in Pequeca, che in spagnolo significa sostanzialmente "olezzo di piedi" per poi cambiarlo nuovamente in un più universale "Disgrazia".
Il tutto nasce dalla mia consueta esclamazione "Che disgrazia essere a Miami e avere solo un cane per amico", da cui, per gli amici, Disgrazia.
Lui, ad ogni cambio di nome, reagisce allo stesso modo, guardandoti come se si dovesse mettere in posa per una foto e con aria calma e riflessiva.
Nel momento in cui, per i motivi esposti nel blog, decidiamo di tornare in Italia, abbiamo da prendere un'altra decisione. Lasciare il cane negli USA presso un rifugio o presso qualcuno che se ne prenda cura o fargli affrontare un inumano viaggio con scalo di 15 ore e portarlo in Italia con noi, stravolgendogli la vita e allontandolo da Miami per portarlo nella fredda e nebbiosa Bologna.
Ovviamente, senza particolari esitazioni, scegliamo la seconda ipotesi :)
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