mercoledì 30 marzo 2016

The Doctor

Si, sembro uno di quelle ottuagenarie che parla solo di cani e posta solo foto di cani.
Ma l'argomento va affrontato, e un cane buffo attira più like di un'aforisma su quanto è bella la vita se apprezziamo gli aforismi che ci insegnano ad imparare quanto è bella la vita.
Quindi!

Riassunto della precedente puntata: facciamo fare alcune delle vaccinazioni richieste presso il posto economico ma superaffollato di cani.
Dopo dobbiamo giocoforza recarci da un veterinario di quelli con la V maiuscola, che vuol dire 100 dollari solo per una stretta di mano.
Aki di giorno in giorno, al passare delle visite e delle vaccinazioni, diventa sempre più un cane di razza. Nel senso che se tornavamo in Italia e compravamo un cane di razza, di quelli che fanno tutto, anche caricare la lavastoviglie, spendevamo di meno.

Prima andiamo da una simpatica vecchina che a gratis ci dice che per portare un cane in Italia bisogna però andare lì 24-36 ore prima del volo e rifare tutte le vaccinazioni, che le compagnie aeree vogliono così. A un amico di una sorella della cugina del cognato del suo vicino di casa, il cane non gliel'hanno fatto neanche imbarcare.
Andiamo quindi da un altro veterinario.

Animal Care, nella zona Miramar. Me lo ricordo, perché Miramar è lontano dall'aeroporto da Miami. Che sembra un dettaglio da niente, ma tornerà utile.

C'e' una giovane infermiera carina, probabilmente indiana. E' molto timida ed educata, ha una voce dolce e appena udibile e un paio di baffetti appena visibili che incastonano il suo volto in maniera ambigua e maliziosa.
C'e' poi un'anziana ostetrica di cani, dall'età apparente di 120-121 anni, di quelle che hanno visto tutto, anche il cane di Noè (che tra l'altro ne aveva due, ci racconta come aneddoto).
Le sue maniere spaziano da quelle di una nazista amichevole a quelle di una complottista frettolosa, se sapete cosa intendo.
Le due infermiere disbrigano le principali formalità, ma vivono frementi nell'attesa che si presenti "The Doctor".
L'idiota, arriva, dopo averci fatto aspettare 40 minuti.
Assomiglia a Bill Cosby, per farvi capire il tipo, ma ha la faccia più gonfia e due occhiali da intellettuale.


Calza gli occhiali in maniera superba, tratta le due simpatiche infermiere come se fossero spazzatura indifferenziata, guarda il cane come se fosse plastica e guarda noi come se fossimo carta/cartone.
In un americano sbiascicato con accento incomprensibile, ci dice che dobbiamo mettere anche il chip, sono 90 dollari in più. Noi, accennando un gesto dell'ombrello, diciamo che lo abbiamo già fatto nel posto economico.
Va su tutte le furie.
Dice che così non si fa, le vaccinazioni vanno fatte tutte da lui, chissà che vaccino hanno usato, che marca era? che marca era? che marca era? visto non lo sapete! c'e' scritto lì imbezel!
Ci profetizza che ai controlli all'aeroporto verremo arrestati e deportati, i cani non si fan viaggiare così, la facciamo facile!
Ce l'abbiamo il passaporto canino? E' stato vidimato dall'USDA?
Ora, io sono abituato ai dottori che mi fanno sentire uno stronzo.
Un veterinario no, è una cosa nuova per me. Ma la sensazione è la stessa, si calma quando capisce che comunque gli ammolleremo più di 100 dollari e comincia a risondare il cane in maniera umiliante, che pare che tutti i pericoli di cui i cani sono portatori si nascondano nel loro culo.
Compila un formulario e ci dice "Dovete portarlo all'USDA e farlo verificare".
Il nostro volo, sapientemente prenotato da tempo perché sia nel giorno con meno traffico aereo possibile sperando nell'upgrade in business, è esattamente tra 56 ore.
Facciamo cenno di telefonare subito per andare all'USDA. Il Dottore, con una risata grassa e maledetta, ci fa capire che siamo degli ignoranti che non sappiamo neanche che l'USDA in quel pomeriggio non riceve più. Chiamiamo l'USDA. Ci dicono che tecnicamente non c'e' più tempo, ma se gli faxiamo (!) l'itinerario del nostro viaggio potrebbero fare un'eccezione, a patto che il giorno successivo ci presentiamo alle 8 del mattino mostrandoci pentiti e penitenti.

L'USDA è vicino all'aeroporto. Il che vuol dire, da casa nostra, almeno 50 minuti di macchina, se non c'e' traffico. "Se non c'e' traffico" è una battuta che a Miami fa sempre molto ridere.
Vuol dire prendere il Palmeto circa alle 7 del mattino, che è una battuta che a Miami significa "passare la mattina e la prima parte del pomeriggio sul Palmeto".

Piccolissimo dettaglio, mia moglie ha una bella influenza, mentre io ho quella sensazioncina in gola che hai quando capisci che ti stai per ammalare anche tu ma sarebbe meglio non ti ammalassi.
Piccola riunione di famiglia, in cui avanzo convinto l'ipotesi di svegliarci presto, andare sul Palmeto e lasciare il cane lì, tanto qualcuno che se ne prende cura lo trova, è già successo.
Ovviamente scherzo, dico bluffando, quando capisco che non c'e' univocità di vedute sulla questione in famiglia.
Andiamo a letto febbricitanti, in attesa di quella che sarà la "madre di tutte le giornate" e di cui parleremo ampiamente nel prossimo post.


giovedì 24 marzo 2016

Vuoi far trasvolare un cane? Niente di più facile.

Seriamente.
Qualcuno di voi ha mai avuto l'idea di portare un cane dagli Stati Uniti in Europa, più precisamente in Italia?
No, perché mai dovreste! Il cane si abbandona, si lascia lì, sono sicuro che se la cava, l'istinto, la natura, la capacità di adattamento, qualcuno gli darà da mangiare, è pieno di volatili da inseguire là fuori. Magari ne prende uno prima o poi.
Una volta per essere alternativi, si ascoltava musica metal, non si andava alle feste, si era persone serie e diligenti, obbedienti delle leggi e dei regolamenti.
Oggi, per essere veramente alternativo, devi affrontare i problemi.
Non devi risolverli nella maniera più facile, tipo abbandonare il cane sull'autostrada, anche se è una Disgrazia con la D minuscola. Devi provare a portare un cane da un continente all'altro.
Tra l'altro e' molto semplice.

Questo post vuole quindi anche essere un  tutorial per chi ha questa esigenza.

Siamo andati alla Human Society di North Miami per il primo step.
Se siete a Miami, questo è il posto più economico dove vaccinare un cane e impiantargli un chip. Se non conoscete Miami, Miami è una città in cui ti chiedono 700 euro per una visita ginecologica. Quindi, ascoltatelo sto consiglio.
Arriviamo lì, ingenuamente, di sabato.

E' l'apocalisse.

Giuro. Io non ho mai avuto un cane o un gatto, ma quel giorno abbiamo portato sia il cane che il gatto. Tutti e due in due gabbie diverse. Ora il cane è papichulo, è già stato detto, va dentro la gabbia che sembra un marine, entusiasta, pronto ad abbaiare al mondo.
Il gatto, no. Il gatto è abitudinario. Non fa mai un cazzo di diverso. Entrare in una gabbia, ti tira giù il mondo miagolando e facendoti sentire una merda. In macchina è straziante: miagola da Ludlum Road a dopo l'aeroporto finto. Chi è di Miami, ci siamo capiti.
Guidiamo sotto una pioggia torrenziale. Che c'e' sempre a Miami, quando guido io.
Arriviamo lì ad un orario decente, tipo le 10.30.

E' l'inferno.

Ci sono 140 cani che abbaiano e attendono il loro turno per essere vaccinati in uno spazio di 15 metri quadrati.
E 30 gatti rinculati nelle gabbie, terrorizzati da questa esperienza che per loro deve essere come per noi stare in bocca a un tirannosauro per un weekend.
Abbiamo 30 numeri davanti a noi. Che vuol dire, chiedo alla sorridentissima e incredibile volontaria, circa 3 ore.
3 ore tra i cani impazziti.
Uno in particolare. Di quelli che attaccano briga anche contro la sabbia immobile.
Abbaia a 35 latrati al minuto, è piccolo, grigio, orrendo. La padrona è di quelle svampite, tipo "Sarà mica il mio cane quello che abbaia?"
La padrona è lì prima di noi e andrà via dopo di noi, il che mi fa pensare che abbia un cane insopportabile e lo porti lì tutti i giorni solo per rompere le balle a tutti gli onesti lavoratori italiani all'estero. Purtroppo non ho una foto di sto cane rompiballe.

E' il casino più totale.

Il più tranquillo, strano a dirlo, è il cane punk, che è spaventato più di me.


Ma ne usciamo vivi: Aki (che in questo periodo viene misteriosamente ribattezzato Caccadura) si becca la vaccinazione antirabbica, la cura antivermi e la cura antiparassitari che fanno esplodere il cuore. Questo è solo il primo dei 300 accorgimenti che vengono richiesti perché un cane viaggi in Italia, che Renzi ci tiene moltissimo a sta cosa, immagino. Degli altri parlerò nel prossimo post.

Due parole su Caccadura.
Durante la visita medica è encomiabile. Si fa infilare sonde in maniera umiliante, si becca un chip sottopelle tramite un punturone grande come un missile, si fa analizzare feci su feci standosene buono e speranzoso di ricevere il paninino che gli ho promesso. Quale e quanto grande sarà la sua delusione quando non gli darò neanche il paninino, perché la vita è fatta di sacrifici!

Alle 13.30 usciamo con cane e gatto vaccinati e io sono distrutto, è stata sicuramente una delle giornate più impegnative della mia vita, e immaginatevi quindi la mia vita.

Ma vengo subito ricompensato, perché sulla strada del ritorno c'e' la fabbrica delle ciambelle!
Dove divento per un giorno impiegato modello, ma impiegati di quelli che si mangiano tutte le ciambelle.





lunedì 21 marzo 2016

Mr Thinking va all'America

Con una valigia piena di speranze e croccantini, Aki viene imbarcato su un'aereo battente bandiera ecuadoriana destinazione Miami, insieme a un gatto e dentro una gigantesca gabbia blu che lo custodisce e spaura al tempo stesso. E' il suo primo viaggio intercontinentale, e lo affronta con il piglio sfrontato di un cane di circa 5 anni.


Il lungo viaggio della speranza lo porta però nella meta più ambita dai giovani, Miami. Scappa dalla gabbia appena arrivato, prende un Uber e si fa subito portare a South Beach, dove ordina croccantini al mojito, salmone e riso, per poi lasciarli lì quando intravede in lontananza un pezzo di pane ben poco vestito.
Ed e' proprio in questo suo soggiorno a Miami che conosco mia moglie. Le nostre chat, a volte via skype, sono caratterizzate dalla presenza di questo cane bianco, molto riservato, silenzioso, che guarda la telecamera come se stesse posando per una fotografia, senza muoversi.
Aki viene portato alla spiaggia dei cani a Miami, e mi viene invitata una foto, che purtroppo non trovo più. Ci sono 1000 cani che corrono e saltano come matti, mentre Aki li guarda dall'alto di una duna di sabbia, meditando.
Aki viene portato al parco dei divertimenti dei cani, ed eccolo guardare l'obiettivo senza muoversi.
Motivo per cui, dall'Italia, gli viene dato il nome Mr. Thinking, che sembra calzargli ben più di Aki al momento.

La duttilità del suo nome fa sì che la prima volta che ho il privilegio di stringergli la zampa, il suo nome venga immediatamente cambiato da Mr. Thinking in Mr. Stinking, che è ancora uno dei suoi nomi più attuali.
Mr Thinking si trova bene a Miami, ma evidenzia subito un discreto difetto, per un cane.

Sembra non avere particolare fiuto. O meglio, il suo fiuto viene facilmente sviato da qualunque cosa, nonostante il grande naso da clown che tanto piace a grandi e piccini.
Come già detto impazzisce completamente quando vede volatili, di qualunque tipo... sta scritto nel suo DNA immagino e non c'e' modo di educarlo, almeno da parte mia che non so nulla di cani.
Ma badate bene che ho scritto vede e non "sente la presenza".
Riesce a vederli da lontanissimo e comincia a impazzire tirando il guinzaglio come un mulo da soma e sbuffando come una locomotiva a vapore dell'età d'oro della Ruhr.
Ma se i volatili sono alle sue spalle, ecco che vive placido la sua vita ignaro di tutto, posando placido.

Se si è fortunati è possibile fare foto incredibili come quella che posto qui, che ogni volta che la rivedo scoppio a ridere e se ci fosse un premio per le foto buffe, dovrebbe vincere il premio speciale della critica per il notevole conseguimento della buffità.


Mr Stinking viene purtroppo lasciato negli Stati Uniti ogniqualvolta mia moglie viene in Europa, in affidamento ai genitori. Ad ogni ritorno negli Stati Uniti (soprattutto per periodi superiori a 6 mesi) assistiamo a scene di ricongiungimento strazianti. Mr Stinking mi ricorda Mario Merola che latra le battute di Serenata calibro 38, tanto è straziante e intenso nella commozione di rivedere ella.
Visto che io accompagno ella, Mr. degna di qualche entusiasmo anche me, nel senso che ogni tanto mi rimbalza contro per errore quando sbaglia il salto per abbracciare ella. 
Come accennato nel blog, il cane ci viene restituito in via definitiva il 24 di Dicembre, senza particolare preavviso, per usare un eufemismo. 
E nel nostro peregrinare in giro in cerca di alloggio Mr Thinking cambia nome prima in Pequeca, che in spagnolo significa sostanzialmente "olezzo di piedi" per poi cambiarlo nuovamente in un più universale "Disgrazia". 
Il tutto nasce dalla mia consueta esclamazione "Che disgrazia essere a Miami e avere solo un cane per amico", da cui, per gli amici, Disgrazia. 
Lui, ad ogni cambio di nome, reagisce allo stesso modo, guardandoti come se si dovesse mettere in posa per una foto e con aria calma e riflessiva. 
Nel momento in cui, per i motivi esposti nel blog, decidiamo di tornare in Italia, abbiamo da prendere un'altra decisione. Lasciare il cane negli USA presso un rifugio o presso qualcuno che se ne prenda cura o fargli affrontare un inumano viaggio con scalo di 15 ore e portarlo in Italia con noi, stravolgendogli la vita e allontandolo da Miami per portarlo nella fredda e nebbiosa Bologna. 

Ovviamente, senza particolari esitazioni, scegliamo la seconda ipotesi :)




martedì 15 marzo 2016

AKI, il cane che fa la cacca in 3 continenti


Preciso innanzitutto che il cane è quello in mezzo alla foto, non quello a sinistra.
E così ho rovinato la festa a tutti i battutisti nostrani.

Come più volte promesso è ormai il momento di parlare del delizioso Aki, nome con cui è registrato al catasto, perchè nella vita di ogni giorno il nome gli viene continuamente riassegnato, a seconda del casino che fa.

Non sappiamo nulla della nascita di Aki, è avvolta nel mistero, alcuni pensano addirittura che sia sempre esistito, mentre altri che sia stato semplicemente abbandonato sull'autostrada dai suoi primi padroni.
Di conseguenza anche del nome originario non sappiamo nulla, per cui per il periodo in cui la sua esistenza è avvolta dal mistero, gli daremo un nome di fantasia, tipo Nimrod.
Il piccolo Nimrod viene, come dicevo, rinvenuto da mia moglie all'autogrill dello svincolo dell'autostrada provinciale di Quenca, Ecudaor.
Dopo aver ordinato il più classico dei Fattoria, ella intravede un cane da videogiochi, cioè quelli che cercano di finire a tutti i costi sotto una delle macchine che passano.
Non ha guinzaglio, non ha passaporto, non ha la patente, non parla.

Sembra che si sia perso da un po', affamato, disorientato, sporco, con la camicia fuori da pantaloni.... la leggenda narra che ella, colta dalla tenerezza di Nimrod, gli offra un semplice tozzo di pan secco. 
E qui il cane trasfigura e diviene belva.
Intravedendo il salvifico alimento, lo mangia con una forza e con entusiasmo tale da far pensare ad un abbandono di almeno due mesi, muovendo mia moglie a estrema commozione ed affetto.
Enorme errore di valutazione, dato che ha assolutamente la stessa reazione oggi dopo aver mangiato 6 paninini, allorquando intravede il settimo. Ma gli occhi vedono quel che il cuore loro comanda. Bello questo proverbio, se non è un proverbio, bisognerebbe inventarlo come l'ho scritto.

In zona nessuno recalama il cane, pur tra i 1000 tentativi fatti e il buon cuore appunto suggerisce che sia il caso di portarlo a casa e poi cercare di capire se ci sono chip o annunci in zona di cani dispersi.
Una leggenda mia personale inventata di sana pianta,  narra che il nome Aki nasca proprio da questo episodio, dato che il cane risponde al comando spagnolo "Venga Aqui" in maniera quasi automatica. Indipendentemente da come si scriva in spagnolo. Risponde inolte al comando "Nino", al comando "Vuelvete", al comando "Oje", al comando "Como estan los seniores?".
Basta che gli si dia un paninino, risponde a tutto.

Come tutti i neonati, Aki ha un corpo minuscolo e una testa gigantesca come testimonia la foto di repertorio che sono riuscito a scovare e che assicuro non ho gonfiato con il photoshop. Il maglioncino di lara cashmir che indossa è frutto di una collaborazione con lo stilista Giandomenico Guardì.
Un cane di stilista, per rubare di nuovo la scena ai battutisti nostrani


Il piccolo Aki si dimostra un cane molto rispettoso del fatto che gli è stato salvato il culo.
E' estremamente affettuoso, non fa la cacca nè la pipì in casa e attende pazientemente per la passeggiata in quel di Quenca. In più il veterinario aggiunge che non ha pestilenze gravi, non ospira un circo di pulci ed è sostanzialmente adatto alla vita di appartamento.
Trattandosi di Schnauzer bianco (pare essere anche piuttosto raro), manifesta sin da subito due tendenze:

- impazzire cercando di decollare di corsa ogni volta che intravede un volatile
- cercare di ricompattare, governare e condurre a salvezza il gregge di pecore.

Il difficile è fargli capire che non ci sono pecore o che gli esseri umani non sono pecore, ma non siamo certo noi a voler mutare la natura di uno Schnauzer, figuriamoci poi se è bianco.

Nel prossimo episodio vedremo come il cane Aki affronterà il cambio di vita dalla placida Quenca alla movida di Miami, dove un papichulo come lui è assolutamente in grado di dire la sua.


martedì 8 marzo 2016

Masterchef edizione speciale con Cheddar Cheese



Proprio così, ha avuto grande eco tra me e mia moglie l'epilogo del noto polpettone televisivo a puntate relativo ai polpettoni, che si è svolto e in differita negli USA grazie a tecnologie da furbetti come la VPN, che consiglio di utilizzare a chiunque finisca su questo post perché vuol vedere programmi dall'Italia, aumma aumma.  E ho utilizzato Sky Online, non Sky Go, sia chiaro, ri aumma aumma.

Questo per introdurre l'argomento show televisivi, che negli USA l'intrattenimento è sacro, come l'ospite che porta la birra in Italia.
Mi sembra di capire che all'America la tv è tutto a pagamento - quando stipulammo (!) il contratto ADSL era tipo 100 euro, solo ADSL, e poi, dice, per i canali via cavo devi pagare quasi altrettanto, se non di più. Puoi comprare vari pacchetti, noi prendemmo (!) quello base, e invece di 100  euro, spendemmo (!) 101 euro.
Proprio così, nessuno usa più il passato remoto ed è giusto sottolineare l'emotività di tale utilizzo.
Nel pacchetto base sostanzialmente non c'e' nulla, credo, ma non lo saprò mai, non avendo mai proceduto all'acquisto della tv, che tanto appunto guardo Masterchef sul Mac e il Bologna su rojadirecta, cosa mai può servire un televisore? A guardare il baseball? Meglio una febbre maligna!

Ma sono stato in case dotate di cavo e voglio di conseguenza segnalare due show USA che mi sono piaciuti davvero tanto:

- Impractical Jokers - sostanzialmente quattro amici fanno scherzi in luoghi pubblici e si sfidano a chi molla. Difficile da descrivere, ma assolutamente da vedere, c'erano delle maratone di 6-8 ore consecutive veramente da non lisciare, come si diceva a Panarea. Ma c'erano poi maratone di tutto, di Walking Dead, dei Simpson, di Family Guy....

-That 70's Show - serie televisiva che in Italia non avevo mai visto. Veramente ben fatta, dialoghi curatissimi, personaggi tutti divertenti e un giovane Ashton Kutcher veramente buffo (nella foto appunto c'e' lui, nei panni di Kelso). Mi sono fatto l'abbonamento a Netflix per vederlo sul MAC


Per quanto riguarda il Masterchef,  mi piace la gente che piange quando sbaglia un tortellone.

Mi fa sentire un uomo forte, anche perché i miei tortelloni sono sempre molto thick e se dovessi piangere ogni volta!
Questa edizione è stata caratterizzata dall'eterna sfida italiana tra la semplicità rappresentata da Erica e la passione, la voglia di imparare e anche le capacità tecniche di Alida.
Siamo un paese un po' cuscì, e i giudici, assaggiando cose che assaggiano solo loro, hanno ben saputo pilotare la trasmissione verso un finale dicotomico che andrò a descrivere.
Analizziamo i metasignificati di Masterchef. Anche a voi vien voglia di acquistare un asciugone Regina alla fine di ogni puntata? A me sì, e non capisco mai il perché.
Ad ogni modo. Le pubblicità disponibili on demand ci fanno vedere Cracco e Barbieri alle prese con patatine in busta e pomodorini sottovetro, ha visto signora? Per fare alta cucina alle volte basta essere semplici, c'e' mica bisogna di far quella cottura sottovuoto lì, che poi mi han detto che non riesci a smettere.
La finale rappresenta quindi due anime dell'Italia e seguirla via twitter è quasi più entusiasmante che vederla in tv.
La gente odia Alida, perché Alida ama cucinare e sa fare le cose e soprattutto è una prima della classe. Ora, essere una prima della classe, non è un dono naturale, è una cosa che costa fatica e impegno e dedizione. Acquisisce tecniche importanti, ovviamente essendo cuoca amatoriale non è perfetta, ma fa capire più o meno dalla seconda puntata di essere ben più capace di tutti i concorrenti, se si esclude Rubina, eliminata non si sa come a metà trasmissione e che comunque, sempre stando a twitter, vince la finale a mani basse grazie al vestito rosso. E quando dico mani basse, sappiate che non scrivo mai nulla a caso.
Alida non è umile, si può dire, come non è umile chi capisce di essere 10 spanne superiore, e piange spesso, come piangono tutti in sta cucina, che effettivamente la tensione deve essere alta o le cipolle sono molto potenti.
A questo punto gli sceneggiatori cominciano a costruire una storia veramente niente male - costruiscono un'eroina, Erica, abbandonata dal marito, pasticciona, che fa errori madornali, che si salva sempre all'ultimo secondo grazie alla sua tenacia e alle cagate degli altri. E grazie soprattutto ai suoi piatti, che nessuno assaggia se non i giudici,e che quantomeno rocambolescamente la portano alla finale.
E Erica, l'italiana "semplice", vola, tra un prova e l'altra. In finale, grazie a un tortellone ben fatto (!) ottiene un vantaggio inimmaginabile, ovvero cucinare un'animella mentre Lorenzo il macellaio (per cui tutti noi uomini tifiamo dal primo secondo) deve coniugare 500 ingredienti diversi davanti a una chef napoletana incinta che gli dice a ripetizione "Guaglion, scurnacchiat ma co cazz shtai facenn'???".
Lorenzo esce, tra le mie lacrime, ed ecco la finale tutta italiana (Maradona l'avevamo lasciato in panchina per una volta).
Ed ecco anche il motivo di questo lungo post che può sembrare off topic. Ma quando prendi CERTE decisioni, ogni segnale, ogni indicazione può fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta, come dicono Al Pacino e Arrigoni in quel monologo sul football americano e su Mantova - Bologna, rispettivamente.

Vincerà l'Italia semplice, che non sa far molto, che ispira simpatia e che soprattutto trae godimento dal vedere la faccia delusa da chi ha dedicato la vita a qualcosa o vincerà l'Italia che si fa un culo tanto, che prova a osare, che cerca di imparare ogni tecnica e che trasuda passione in quel che fa in ogni piatto?

La risposta, la sapete tutti, ormai.

Vince l'Italia semplice, con una cappasanta alla mortadella e una al cioccolato bianco che tramortisce il palato dei giudici, mandandoli in paradiso senza ritorno, perché a una tale finezza, stranamente, loro non avevano mai pensato.

E su twitter esplode la gioia contro Alida. La sua espressione "Ma chi cazzo ha vinto?" diventa trending topic e l'Italia si abbraccia e tira un sospirose di sollievo.

E' quindi questo il paese in cui ritornare, mi chiedo tra me e me, col cuor sospeso e l'anima mai cheta.


giovedì 3 marzo 2016

I conti della serva


Ti porterò nei posti dove c'e' del buon vino e festa festa fino a mattino, Sirena con due occhi grandi come la fame, balla balla e poi lasciami qui qui.
Ma soprattutto Lacio Drom.

Proprio così, il poeta della trasgressione italiana furoreggia anche nei locali più vips di Miami, il problema è che non ne capiscono la grandezza della trasgressione ma soprattutto non ci sono posti dove c'e' del buon vino.

Avere un solo cane per amico è una disgrazia.
Ma non stavamo parlando di questo, ma più delle considerazioni superficiali per chi vuole andare a vivere negli USA.


Premesso che ho visto solo Florida e Texas, quindi solo una minima parte degli Stati degli Uniti, e che non posso generalizzare, mi pare di poter riassumere in pochi salienti punti:

- cibo insapore e costoso (segnalo che negli Usa, tra l'altro, non c'e' obbligo di indicare sugli alimenti se sono geneticamente modificati) e la cultura della mancia che rovina la festa di andare a mangiar fuori (almeno a me). Credo che la nostra idea di cucinare cibi fatti in casa sia quella giusta. Il problema, ovviamente, è andare incontro a una clientela il cui palato è stato brasato da gusti portati all'estremo (vedi gli snack, vedi i formaggi usati a cazzo ovunque, e che formaggi, vedi la mania di friggere almeno qualcosa a pasto). Ho cucinato un risotto ai funghi porcini, devo dire che mi è venuto assolutamente decente per le materie prime a disposizione. I locali lo hanno assaggiato e mi han guardato con la tristezza nel cuore come a dire ci dai stai roba siam mica malati. Dopo hanno aggiunto una specie di formaggio  in polvere che qui chiamano pecorino e lo hanno divorato dicendo che dovevo assolutamente aprire un ristorante.

- qualità dei servizi veramente alta, come i costi per accedervi.

- tendenza a diventare worokholic, se l'ho scritto giusto. Il lavoro è la tua polizza per restare in vita, in tutti i sensi. La competizione è alta, motivo per cui c'e' molta più possibilità di trovare un lavoro negli USA, nel senso che tanti mollano perché non hai la possibilità di lavorare imbullonato a una sedia sperando che la gente non si ricordi che esisti.
Se hai le capacità hai molte più possibilità di emergere qui che in un paese come l'Italia e gli stipendi non sono paragonabili. Negli USA si guadagna sul serio.

-per quel che si vede dai telegiornali qui (soprattutto dopo gli attentati in Francia) se eleggono presidente Donald Trump, direi che il pianeta ha i giorni contati. Ma potrei anche sbagliarmi.

- le armi. L'esigenza di sentirsi protetti e sicuri è qualcosa di veramente potente. Può piacere o no, ma qui in tanti hanno un'arma... con tutte le conseguenze del caso.

Come si intuisce, personalmente non ritengo che la qualità della vita abbia dei miglioramenti in un ambiente così, rispetto a quello dove sono cresciuto.
Dipende, ovviamente, dal livello di stile di vita da cui si parte. Per fare un esempio, se sei una ragazza piacente e vieni a fare la mantenuta negli USA, sicuramente ti godi molto più la vita negli Usa che in Italia. Se ami le competizioni o se sei un vero imprenditore e credi fermamente che il lavoro sia una valida ragione di vita, credo che negli USA troverai molte cose che stai cercando.

Se sei un bolognese alla Florida, probabilmente vorrai tornare indietro.